Riflessioni per una buona vita in comune

“Buone ragioni per la vita in comune” è il titolo di un libro scritto qualche anno fa dal card. Angelo Scola che raccoglie alcune importanti riflessioni sul tempo che viviamo: si aggiunge a diversi altri interventi con cui, nelle diverse funzioni che la Chiesa gli ha affidato, ha cercato di aiutare i cattolici e ogni uomo di buona volontà, a stare nel mondo riscoprendosi come un ”io-in-relazione” e non come una monade isolata. Nei suoi interventi compaiono parole e vengono sviluppati temi come quelli della vita buona, di una nuova laicità, dell’amicizia civica in un lavoro che richiama quel “padrone di casa che estrae dal suo tesoro cose nuove e cose antiche”, per parafrasare il Vangelo di Matteo.

E’ proprio a questo tesoro che tanti maestri nella chiesa ci hanno lasciato, oltre che al magistero perenne, che possiamo sempre attingere quando le circostanze sembrano lasciarci smarriti e confusi di fronte a quanto succede: i disastri della guerra in Europa ma anche le guerre dimenticate dell’Africa e le tensioni internazionali in Oriente o in America latina. In questi giorni hanno tenuto banco le sommosse scoppiate in Francia in seguito all’uccisione di un giovane da parte di un gendarme con le conseguenti riflessioni sull’integrazione o meno delle generazioni immigrate, il rapporto con l’islam e la spaccatura evidente che si è generata in Francia ma che potrebbe anche contagiare il resto dell’Europa.

Per questo riscoprire le ragioni per una vita in comune è tutt’altro che un impegno retorico ma un percorso essenziale per costruire un futuro pacificato. Una prima osservazione riguarda l’emarginazione silenziosa avvenuta nella società europea del fattore religioso, considerato una sovrastruttura che ha svolto funzioni importanti nel passato ma che oggi sarebbe superata dall’onnipotenza di scienza e tecnologia e dalla democrazia come ultimo criterio di giudizio morale.

Ma scienza e tecnologia (e onnipotenza di finanza ed economia) e democrazia elettiva bastano per sostenere la convivenza civile? L’esempio francese dice qualcosa di diverso; Scola ricorda che “nessun governo può produrre cittadini morali, ma al contrario sono cittadini morali sovente ispirati dalle religioni a favorire la democrazia”.

Di fronte alla provocazione che viene dalle religioni l’Occidente, e l’Europa in particolare, hnno scelto un’apparente neutralità mascherandola da laicità (in nome della quale peraltro si cerca comunque di imporre comportamenti e costumi costruiti da ideologie alla moda). La riflessione di Scola è di altro genere: “E’ necessario uno Stato capace di dar spazio in forma adeguata a una società civile di natura plurale, che per questo non sarà mai priva di aspetti conflittuali. Uno Stato non distaccato che, pur non facendo propria una specifica visione, sia dichiaratamente al servizio della persona e delle esigenze ultime che la costituiscono (desiderio di libertà e felicità, di compimento), che faccia nel contempo propri i grandi valori che stanno a fondamento della stessa convivenza democratica (libertà civili e politiche) generata dai corpi intermedi)” e ancora “uno spazio in cui ciascuno possa portare il proprio contributo all’edificazione del bene comune, nell’inevitabile e rispettosa logica del confronto e del riconoscimento che sola salva la vera natura del potere”.

E’ l’eliminazione delle identità (o almeno il loro nascondimento) che rende tanti giovani privi di riferimenti su cui impostare la vita: l’idea che questo vuoto possa essere colmato dal denaro degli interventi pubblici a sostegno del disagio si sta rivelando, al test francese, deli tutto illusoria, anzi tale da spaccare la società più di quanto non sia già divisa sul piano politico. Le due opposte raccolte di fondi (per la famiglia del ragazzo ucciso e per l’uccisore) e le polemiche conseguenti ne sono l’esempio evidente.

Uno dei paradossi della situazione francese – ma istruttivo per tutti – è l’appello del presidente Macron alle famiglie perché controllino e tengano a casa i figli, proprio lui che è tra i paladini della fine della famiglia e della fluidità dei rapporti si appella – in un attimo di lucidità –a quella che da sempre è il nucleo da cui parte la costruzione di una vita buona in qualunque società strutturata.

L’idea di Scola del confronto tra diversi nello spazio pubblico interpella (dovrebbe interpellare) soprattutto i cattolici italiani, la cui visione del mondo è alla base della ricostruzione democratica del nostro paese e mantiene ancora, sia pure con difficoltà, una sua presenza popolare.

E’ curioso, ad esempio, che nel dibattito pubblico, stia prendendo piede l’idea che la costruzione europea sia figlia del manifesto di Ventotene (isola in cui furono esiliati alcuni antifascisti di cultura socialista e laica) e siano dimenticati i reali padri, cristiani a tutto tondo, come De Gasperi, Schuman e Adenauer, senza che si alzino le voci degli ex democristiani in difesa della propria storia.
La diaspora del cattolicesimo politico piuttosto che ricchezza di contributi sembra produrre mutismo nei confronti di ogni scelta valoriale.

Credo tuttavia che risulti vano auspicare una ripresa significativa del cattolicesimo politico. Quando questo aveva potuto arrivare al governo con la nascita del partito della Democrazia cristiana, poteva portare nella gestione dello Stato la ricca tradizione del movimento cattolico che, sostenuto dalla dottrina sociale della Chiesa, aveva ramificato nella società italiana costruendo soggetti (corpi intermedi diciamo oggi) capaci di educare un popolo e responsabilizzarlo nei confronti della vita comune (pensiamo a cooperative, leghe, società di mutuo soccorso etc). Su questo si poté innestare lo spazio politico e di governo della Democrazia cristiana e renderlo duraturo per decenni.

Un tentativo di rinnovamento in questa direzione fu tentato dal Movimento Popolare negli anni Ottanta, più recentemente il Progetto Culturale voluto dal card. Ruini si propose di rinforzare le motivazioni di un impegno politico serio fornendo materiali di riflessione e di azione. Oggi non si vedono iniziative all’altezza.

Ma l’assenza di una proposta cristiana non è senza conseguenze “noi sottraiamo alla società , con la nostra mancanza di convinzione, ciò che obiettivamente è indispensabile per essa: le basi spirituali della sua umanità e della sua libertà. La sola forza con cui il cristianesimo può farsi valere pubblicamente è in ultima analisi la forza della sua interna verità. Questa forza però e oggi indispensabile come sempre, perché l’uomo senza verità non può sopravvivere . Questa è la speranza sicura del cristianesimo. (Ratzinger, 1984)

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